venerdì 27 marzo 2015

L'ARTE DEL LECCHINAGGIO


Il rapporto con il proprio datore di lavoro, diciamolo, è sempre un gran casino! E' una vera palestra per il nostro autocontrollo. Devi sempre riuscire a non dire ciò che invece ti sgorgherebbe dalla bocca come un fiume in piena. Una fatica disumana! 

In questo tipo di rapporto la parola sincerità deve essere usata con estrema cautela, sopratutto se i sentimenti per il datore di lavoro, come spesso accade, non sono sempre esattamente di stima e di affetto. Io che, nella mia impetuosità, esprimo sempre troppo facilmente il mio pensiero, senza alcun filtro, e la parola diplomazia mi fa pensare tutt'al più al dolce di pasta sfoglia con la crema e lo zucchero a velo, ho solo un modo per conservare il mio lavoro: farlo nel migliore dei modi e tenermi lontana da chiunque mi provochi parole, pensieri, opere e omissioni. Ma non sempre mi riesce....a dire il vero quasi mai!


Se qualche capacità professionale ce l'hai, forse, hai qualche possibilità di tenerti fuori dai guai senza dover stendere tappeti di bava a chi ti da lo stipendio. Nella normalità dei casi, noi esseri dotati di una qualsivoglia piccola forma di dignità cerchiamo semplicemente di non urtare il capo, non indispettirlo e di mettere un filtro tra cervello e bocca, così, giusto per evitare di mandarlo affanculo ad ogni piè sospinto, per cercare, ogni tanto, di far buon viso a cattivo gioco. Però, poi... c'è un limite a tutto. C'è una differenza sostanziosa tra cercare di non dire cose che possano compromettere il proprio lavoro e il compiacere spudoratamente, senza vergogna e senza la sopracitata dignità, sbrodolando indecorosamente, ogni sua parola, richiesta, pretesa, opinione, anche se inconcepibile. E purtroppo c'è una categoria di persone a cui sono veramente allergica, mi vengono le bolle al solo pensarci, figuriamoci ad averli vicini!! I lecchini, leccapiedi, ruffiani, adulatori, galoppini, leccaculo...insomma, comunque voi li chiamiate, la loro funzione non cambia: leccano, eccome se leccano! Persone che io, fossi un capo, butterei fuori a pedatoni, prendendo anche la rincorsa! Perché, dai, a meno che tu, capo, non sia totalmente rincoglionito, te ne accorgi, lo capisci quando ti leccano, quando ti compiacciono fintamente, quando ti pigliano per i fondelli, perché poi, alla fine, è quello che fanno, no? Te ne accorgi quando hai di fronte un impostore, un cretino travestito da professionista, una nullità che non avrebbe motivo alcuno di esistere nella tua azienda ne in nessun'altra. Te ne accorgi, si! Ma non tutti, per somma gioia dei lecchini di turno!!


Quelli che, non avendo un mestiere, né tanto meno un valore di mercato e avendo avuto la fortuna/granculo/miracolo di essere stati assunti, sanno bene che per tenersi stretto quel miracolo devono fare un movimento di lingua notevole, veloce e costante, lecchinaggio di alta professionalità, dicendo e facendo solo ciò che il datore di lavoro sembra apprezzare, riempiendolo di complimenti falsi e di adulazione ostentata. E sono quelli che di solito sanno vendersi benissimo pur non valendo mezza sega, spacciandosi per ciò che non sono, fingendo di avere capacità ed esperienze che invece non hanno. Osservo questi personaggi  tutti i giorni e penso che sono davvero la feccia della società, esseri inutili che rubano uno stipendio, a volte anche alto, muovendosi all'interno dell'azienda come fossero sti grandi professionisti, ma agli occhi di chi è in grado di capire le differenze sono solo motivo di ilarità quotidiana.
Ma chi è peggio? Il lecchino, che a furia di accondiscendere ottiene pure ciò che vuole, magari una promozione, un aumento di stipendio e una bella scorta di fiducia del leccato? Oppure quest'ultimo, il datore di lavoro che si lascia adulare, che si lascia comprare da chi semplicemente asseconda anche le sue piccolezze più nefande, fingendo di condividere ogni suo punto di vista, parere, decisione, anche se totalmente ingiusto e irragionevole? Colui che si lascia prendere in giro da chi, in sostanza, ruba uno stipendio sulla base di una professionalità e di una competenza completamente assente? 


Non so voi, ma io credo che un capo, un vero leader, premia chi lavora sodo e produce dei risultati, senza stendere inutili tappeti rossi, chi ha esperienza e capacità professionale al di là di ogni altra stronzata e anche chi ha il coraggio di dire la sua senza paure e con decisione, che non si abbassa a inutili salamelecchi e a pettegolezzi di basso livello. Ma sopratutto un capo che si possa chiamare tale è uno in grado di capire dove c'è capacità e dove no, chi davvero serve all'azienda e chi invece, non solo è inutile, ma, oltre ad essere deleterio, costa anche un botto! Ovvio che la persona inutile approda laddove viene accettata e conquista il capo che non sa individuare la sòla, anche quando ce l'ha davanti e anche dopo anni di collaborazione! Poi, se il tutto è condito anche da una buona dose di ignoranza che accomuna entrambi allora è l'apoteosi della tristezza, il festival delle assurdità. Laddove c'è un livello culturale basso, una vita provinciale priva di confronto, un'educazione bigotta e una mentalità chiusa si crea terreno fertile per il velenoso germe del pettegolezzo più becero Eh si, perché molti di questi lecchini usano il gossip, quello terra terra, per ostentare quell'essere dalla parte del capo che fa tanto meschinità travestita da aziendalismo . "Sai, ho visto Tizio che invece di lavorare stava su fb" oppure, "ho visto Caio che andava al bagno due volte anziché una".



Così facendo il "capo" si sente al sicuro perché, secondo lui, grazie all' "aziendalista" di cui sopra, ha tutto sotto controllo. Certo, di sicuro ha sotto controllo la vescica di Caio e il profilo fb di Tizio, ma, il più delle volte, per star dietro a queste inezie, perde totalmente il controllo della crescita dell'azienda. E, data l'incompetenza del lecchino di cui sopra, non c'è nemmeno da sperare che, spettegola oggi, spettegola domani, acquisendo la fiducia del leccato, possa indirizzarlo sulla retta via, ben consigliandolo! Il detto "chi si somiglia si piglia", signore, vale anche in questo contesto, per cui piccolo è il capo, piccolo è il ruffiano. Ed ecco che anche una grande azienda viene gestita come una piccola bottega di paese, da gente che accetta la mancanza di professionalità e dignità in cambio di informazioni che a nulla servono per la produttività e la crescita. Chi, secondo voi, tra i due è più condannabile? Beh, l'imbarazzo della scelta c'è, me ne rendo conto! Colui che non ha altre strade per ottenere una posizione all'interno dell'azienda se non quella di fare da umile servitore ad un neanche tanto umile servito (l'ignoranza va sempre a braccetto con la presunzione) mi fa una tristezza infinita mista a rabbia. Perché, purtroppo, a farne le spese sono i dipendenti che cercano solo di fare il proprio lavoro, senza sapere che c'è la spia pronta a gettar merda su di loro pur di trovare argomento di conversazione con il datore di lavoro. Un capo così, però, quel ruffiano lì, se lo merita tutto! Peccato solo per l'azienda che, molto probabilmente, in mano ad altri, avrebbe fatto un percorso di grande successo. Ma come si dice di solito chi ha il pane non ha i denti e chi ha i denti s'attacca al ca....ops....volevo dire non ha il pane!

"It's a competitive world
Everything counts..."

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