C’era una volta, in Texas, a Port Arthur, una donna che faceva
l’impiegata in un college, si chiamava Doroty East, e un ingegnere della
texaco, Seth Joplin.
Una coppia apparentemente normale che, però, dette alla
luce una bimba molto speciale: il 19 Gennaio del 1943 nacque Janis.
Una bimba fuori dall'ordinario, con un talento a dir poco
esplosivo. Già da ragazzina lasciava intravedere il suo temperamento e
anche la sua irrequietezza. Come spesso accade alle adolescenti anche
Janis viveva un rapporto conflittuale con se stessa, con il suo corpo e con la
sua immagine. Una ragazzina non bellissima, in sovrappeso e con la pelle
rovinata dall'acne, in un'età delicata, in cui le insicurezze la fanno da
padrone, non può non essere piena di complessi. Lei però trovò, o meglio
cercò di trovare, rifugio nella musica. Così, a 17 anni, mollò il college e
fuggì di casa, da quella che per lei, così come per molte adolescenti ribelli,
era una specie di prigione, per seguire le orme dei suoi idoli: Odetta,
Leadbelly e Bessie Smith.
Iniziò a dare sfogo alla sua passione esibendosi in vari locali di
Houston e di altre città del Texas. Poi, appena ebbe abbastanza denaro, prese
un bus per la California per inseguire il suo sogno, per trovare se stessa, per
cercare la felicità.
Erano gli anni della cultura hippy, un movimento, una vera
filosofia di vita seguita da chi "si faceva" di rock
psichedelico, predicava la rivoluzione sessuale e l'uso di
stupefacenti, al fine di "esplorare e ampliare lo stato di
coscienza". Si chiamavano figli dei fiori e indossavano
vestiti coloratissimi e molto floreali, tra il kitsch e l'hawaiano style.
Janis rappresentava alla perfezione quel movimento, abbracciando
convinta quella filosofia, in tutte le sue sfaccettature. Entrò a far
parte di diverse comuni, stabilendosi a San Francisco per alcuni anni. Anni in
cui, com'è facile immaginare, non disdegnò di “esplorare (più volte) lo stato
di coscienza”.
Fu solo il caso che la riportò in Texas, all'inizio del 1966 e,
(quando si dice botta di cu... mmm... fortuna), venne contattata da un
impresario musicale texano che viveva a San Francisco, tale Chet Helms,
che allora era il manager dei Big
Brother and the Holding Company. La band era alla ricerca di una
vocalist, e Helms chiamò proprio Janis. Lei rispose immediatamente
e ripartì come un razzo per la California, prese contatto coi Big
Brother e diede inizio alla sua avventura artistica. Il progetto fu un successo
immediato! Conquistarono il pubblico del festival di Monterey nel 1967 e due
anni dopo fu un vero trionfo per Janice Joplin, questa volta da sola, a
Woodstock. La sua esibizione "woodstockiana" resterà memorabile nella
storia della musica planetaria.
Nel frattempo il brutto anatroccolo, grazie all'incantesimo della
musica, era riuscita a trasformarsi in un cigno. Nonostante il suo
aspetto, era diventata, a suo modo, un sex symbol, grazie a quella
sensualità che solo la musica sa dare, quell'aura di etereo fascino e
sex appeal che solo il rock è il blues sanno conferire! Con la sua voce
graffiante e struggente, e la sua immagine selvaggia, avrebbe potuto fare
innamorare chiunque. Aveva trovato finalmente il modo di prendersi una rivalsa
verso la vita che, fino ad allora, l’aveva fatta sentire inappropriata e fuori
luogo. Adesso era diventata una donna che tutti guardavano con
ammirazione e senza notare, nel modo più assoluto, che il suo aspetto
fisico mancava di quella che è la bellezza nel suo senso più comune.
Erano tutti rapiti dalla sua voce e dal suo fascino, un fascino che univa
in se la passione per la musica, una velata disperazione che si percepiva nel
suo modo di cantare e questo suo essere una poetessa maledetta.
Sembrava finalmente aver trovato un equilibrio, aveva trovato
anche l’amore e aveva deciso di dire basta alle droghe. Sembrava l’inizio di
una nuova vita e di una lunga carriera, invece, purtroppo, era solo
l’inizio della fine.
Nel 1970 arrivò la notizia che nessuno avrebbe mai voluto sentire,
la "maledizione del 27" colpiva ancora, portando via al mondo un
talento fuori dal comune. Il 4 ottobre venne trovato al Landmark Motor
Hotel di Hollywood, California, il corpo senza vita di Janis Joplin. Il referto
medico non lasciò spazio a dubbi: la cantante americana era morta il giorno
prima, stroncata da un'overdose di eroina. Il suo corpo fu cremato e le sue
ceneri disperse nell'Oceano pacifico.
Finiva così, a soli 27 anni, la breve e tormentata vita di questa
ragazza che, evidentemente, non era riuscita a trovare nella musica quella
tranquillità, quell’equilibrio, quella felicità di cui era disperatamente alla
ricerca, non aveva saputo sfruttare il prezioso dono che possedeva. Un talento
sprecato, una gioventù bruciata tra droghe e alcol, un tunnel dal quale
non era riuscita ad venir fuori. Resterà sempre nei nostri ricordi la sua voce
così graffiante, le sue interpretazioni così potenti ed emozionanti e il
suo affascinante spirito libero. Rimarrà sempre un vuoto, da allora mai
colmato, di un artista vera, di una delle più intense voci blues che il mondo
della musica abbia mai avuto, che ancora tanto avrebbe potuto darci. Alcune
settimane prima di morire, aveva acquistato la lapide della tomba di Bessie
Smith, la sua grande musa ispiratrice. E il destino ha voluto che anche il suo
ultimo brano si rivelasse una macabra profezia: "Buried alive in the
blues", sepolta viva nel blues.
Quando si parla di interpretazioni da pelle d'oca si parla di lei:
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